La storia di Pau Funkovic

Pubblicato: 11 marzo 2013 da liviohg in Racconti estemporanei
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Pico propone i seguenti temi:

– Scrivere la storia di Pau Funkovich, mitico personaggio relazionato al mondo della musica che pare abbia dato ai natali a un noto gruppo musicale di Barcellona

– Lasciarsi ispirare dal titolo di un libro che sta leggendo: “Bestie, uomini e dei”. 

–       Ya se lo dije, me llamo Pau Funkovic, soy español, de lo que queda de España, y quiero entrar en su fotut país. Pero, ¿no sabe leer? Está en mis documentos, Pau Funkovic-Pla, nacido en Barcelona el 4 de marzo del 1919, hijo de Joseph y de Maria Cristina. Y estoy harto de contestar a sus preguntas, llevo horas en esta oficina, quiero hablar con un responsable. Tengo la dirección de gente aquí y quiero contactarla…

–       …Ehi, calm down, jerk, I see every day thousands of fellows like you, you could be just one of the many that has been rejected today. And you know who stamps your passport? It’s me! So, keep your ass on the chair and answer my questions. Why do you want to enter the united states of America?

Pau guardava negli occhi il funzionario della dogana con un misto di odio e timore. Ancora. Un’altra volta era soggetto a questa tortura, dover rispondere a domande stupide di un funzionario stupido. Cosa credevano che ci stesse facendo un catalano alle porte dell’America agli inizi del 1940? Voleva entrare, voleva scappare dalla Spagna, o di quello che ne rimaneva, dimenticare, lasciarsi dietro solo i rimpianti. Voleva evitare di farsi coinvolgere in un’altra guerra.

Si sedette e prese un respiro profondo, le spalle si curvarono, improvvisamente cariche di un peso insopportabile, le mani nelle mani, le dita intrecciate, in mezzo alle gambe, il peso del corpo che lo portava a piegarsi, giù, fino a che la fronte non toccò le ginocchia. Pianse, a occhi aperti, ma non si concesse più di un paio di singhiozzi. Che spettacolo stava dando di sé di fronte a quel poliziotto? Lui? Aveva attraversato l’Atlantico e prima ancora aveva attraversato la Spagna, da Barcellona a Gijón, e prima ancora era rimasto per mesi in uno scantinato del barrio Gótico, nascosto da amici, fino a che gli stessi amici non lo avevano tradito.

Si tirò su, e guardò dritto negli occhi del funzionario, che non nascondeva impazienza e disprezzo.

–       Quiero entrar en los estrados unidos, huyo de España y Europa, quiero trabajar, tengo amigos, me pueden dar un trabajo, sé hacer muchas cosas. ¿entiende? Trabajo, curro, faena…

–       Are you communist?

–       ¿Communist? ¿comunista?

Era comunista. Un uomo sulla nave gli aveva detto di negare, che non l’avrebbero mai fatto entrare. Gli aveva insegnato una frase in inglese, l’unica che conosceva e che gli avrebbe salvato la vita e permesso di entrare negli Stati Uniti.

–       Se ti chiedono se sei comunista devi dirgli di no, capito? No!

–       Ma io sono comunista! Sono perseguitato perché sono comunista! Ho militato con il POUM e ho combattuto con loro. Scappo per continuare a essere comunista, come faccio a dirgli che non sono comunista? Proprio quando ce l’avrò quasi fatta a scappare?

–       Senti a me ragazzo mio – gli disse l’uomo – fai come ti pare, cosa credi di guadagnare il paradiso per non abiurare la tua fede? Non sei un martire cristiano e nessuno si ricorderà di te nei calendari. Tu se ti domandano se sei comunista devi rispondere di no, che non lo sei e non lo sei mai stato e non lo sarai mai. Io ti avviso, poi fai come ti pare.

–       Ma tu pure hai combattuto, anche tu sei comunista…

–       Sì, ma non del POUM, voi e gli anarchici ci avete fatto perdere la guerra, siete intransigenti e l’abbiamo pagata tutti, sono qui anche per colpa di quelli come te. E non ti dovrei dare consigli, te lo meriteresti Franco e la sua banda di fascisti. Ma mi fai pena.

–       E tu che ne sai degli Stati Uniti, ci sei mai stato?

–       Senti, brutto impertinente, ti butto fuori bordo se ti rivolgi a me ancora in questo modo. Ti ho detto che lo so, ho più anni di te e so molte più cose di te. Tu al funzionario che ti interroga devi dire questo: “I am not a communist, I escape hunger and I look for job and an opportunity to rescue myself”. Me lo ha detto un irlandese se proprio lo vuoi sapere. Vieni qua che te lo scrivo e ti spiego come si pronuncia.

–       I am not a communist, I escape hunger and I look for job and an opportunity to rescue myself – disse finalmente Pau spiegando il foglietto con la frase. Ebbe bisogno di prendere fiato per pronunciarla, aveva bisogno di coraggio.

–       So… what is this surname, Funkovic. Joseph Funkovic, Russian name, your father is communist?

–       Funkovic? Russian? Ruso? No, polaco! Mi padre es, era, polaco. Varsavia, entiende?

–       Polish? Polish, russian, the same, communists. Good for them that Hitler invaded Polland.

–       Hitler? No comunista, Hitler no comunista.

Il funzionario rise, sguaiatamente, esagerando la sua risata, ormai sperimentata per prendersi gioco di chi gli chiedeva clemenza e un visto per entrare. Riusciva bene: una risata profonda, che metteva in mostra la sua dentatura tarlata dalle carie e gialla, che scuoteva l’ultimo residuo di orgoglio in chi gli sedeva di fronte.

–       I know, I know, Hitler is not a communist, he will get rid of the communists, from all Europe. But if you think that you can come to America to create problems, go back, understand? Go back!

Non capiva, Pau non capiva. Il funzionario gli parlava ma non aveva idea di che cosa stesse dicendo.

Joseph Funkovic era un commerciante di legname. Veniva da una cittadina dell’est della Polonia, al confine con l’Unione Sovietica. Era arrivato in Spagna per vendere una partita di legno di betulla che un mercante inglese gli aveva rifiutato all’ultimo. Cercava di piazzare il carico a degli industriali che, gli avevano assicurato, avevano bisogno di materiale di costruzione. Era il 1918, ed esistevano pochi posti dove ancora si potevano fare affari in Europa. Uno di questi era Barcellona. Arrivò e riuscì a vendere il carico in meno di una settimana. Si innamorò della segretaria dell’uomo d’affari, che aveva preparato tutti i documenti per la dogana e per la compravendita.

Si sposarono subito, e Joseph lasciò senza rimpianti la sua terra natale, sconvolta dalla guerra e minacciata dalla rivoluzione bolscevica. Pau nacque 9 mesi dopo il matrimonio, e fu l’unico figlio della coppia.

–       Mi padre polaco, pero no polaco de Barcelona, polaco de Polonia.  Joseph Funkovic not a communist.

Il funzionario lo squadrò, e sebbene il suo istinto gli stesse suggerendo che il ragazzo era un comunista, era un rifugiato della guerra civile, decise che lo avrebbe ammesso. Gli stati uniti hanno bisogno di persone, hanno bisogno di gente che lavora, e quel ragazzo era giovane, e sarebbe stato utile. Poi tanto alla fine nessuno avrebbe mai potuto risalire fino a lui, mai lo avrebbero considerato responsabile per aver fatto entrare un piantagrane. Se il ragazzo si metteva nei guai erano problemi suoi, l’avrebbe pagata. Stava a lui.

Si allungò sul tavolo, e prese i documenti, e, come se fosse ancora necessario, li rilesse da cima e fondo. Poi li spiegò sul tavolo, aprì un cassetto e ne estrasse timbro e tampone. Con un colpo secco segnò il destino di Pau con inchiostro blu. Ripiegò i documenti e li diede in mano a Pau. Senza ringraziare né dire niente, Pau si alzò, sfinito. In fondo alla sala, c’era una porta. La sala che attraversò era piena di tavoli, e ad ogni tavolo c’era qualcuno che chiedeva di entrare. Non si accorse della confusione, della gente che urlava, dei bambini che piangevano. Arrivò sulla soglia e non si guardò indietro. Dall’altra parte l’uomo della nave lo aspettava al sole con la valigia tra i piedi mentre fumava una sigaretta.

–       Hai un posto dove andare?

–       Sì

–       Ci andrai?

–       Sì

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